Editoriale #143

CARO ENERGIA, AGIRE IN FRETTA

Il caro bollette esige interventi rapidi. Il settore non può andare avanti con questo incremento dei costi. Le azioni di protesta e le mosse del governo in attesa di sapere chi vincerà le elezioni

L’estate non è andata male, anzi. Ma nei bar e nei ristoranti della Penisola se da una parte si osservava con soddisfazione lo sciamare dei clienti, dall’altra rimaneva la preoccupazione per la crescita dei costi. Le bollette prima di tutto. E le cifre sono state pesanti con aumenti anche del 300%. Una situazione insostenibile anche nel breve periodo che, secondo Fipe, richiede un intervento in tempi brevissimi da parte del governo. “Senza un intervento immediato della politica per calmierare le bollette di gas ed energia elettrica, sono da subito a rischio chiusura almeno il 10% delle imprese della ristorazione. In particolare quelle più giovani e meno patrimonializzate”. Questo recita una nota della Federazione pubblici esercizi e c’è poco da aggiungere. Se da una parte è possibile un minimo ritocco dei listini, gli aumenti sono così fuori portata da non rendere particolarmente utile, o letteralmente impossibile, riversare sui consumatori gli aumenti. D’altra parte, la clientela soffre per l’inflazione e la crescita dei prezzi. Una spirale dalla quale non si esce se non con un deciso intervento. Il governo si sta muovendo con il decreto aiuti che potrebbe avere una dote di 12-13 miliardi di euro utili per contrastare gli effetti su famiglie e imprese del caro energia. Il  rovvedimento, però, deve essere varato in fretta, così come i soldi o gli sgravi devono essere immediatamente recepiti dalle imprese. In questo caso non c’è tempo da perdere. Poi, più avanti saranno i vincitori delle elezioni a decidere i prossimi passi sapendo però che stiamo parlando di un settore, quello dei consumi fuori casa, a rischio e fondamentale per la vita del Paese.

Intanto il malessere della categoria si esprime in modi differenti. C’è chi propone le cene a lume di candela e chi invece espone la propria bolletta in vetrina. Perché almeno i clienti
sappiano che se i prezzi sono aumentati il motivo esiste ed è molto valido. Secondo i numeri dell’Ufficio studi di Confcommercio, sono a rischio 370 mila posti di lavoro con una stima di 120 mila imprese del terziario colpite. Altra iniziativa è quella del comitato “Non paghiamo” che ha lanciato una campagna di sottoscrizioni che mira allo sciopero dei pagamenti. Ma
sono mosse disperate. Si lavora con una pistola alla tempia, è la metafora, cruda ma reale, scelta da Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio. E in Umbria, dove certo
il turismo non è mancato in questi mesi, ma non è sufficiente, ristoratori, albergatori e negozianti hanno aderito all’iniziativa della Confcommercio regionale “Non spegnete l’Italia,
non spegnete il futuro” e sono scesi in strada per un “falò delle bollette”. Al Caffè Terzi, uno dei bar più rinomati di Bologna, luci sempre spente con tanto di cartello chiarificatore che
spiega: “Protestiamo contro gli aumenti esorbitanti dei costi di energia elettrica”.

È chiaro che non si può andare avanti così. E non è giusto riversare questi aumenti sul consumatore indifeso dall’inflazione che erode pensioni e buste paghe. La situazione è aggravata dal fatto che tutti gli altri settori industriali sono coinvolti. Dalle aziende energivore, come la siderurgia, ma pure le cartiere e gli stampatori, fornitori fondamentali per l’editoria. Anche noi piccoli editori abbiamo subito il contraccolpo del continuo aumento dei costi e richieste di Energy Surcharge che cambiano i contratti in essere ai quali dobbiamo obbligatoriamente sottostare e che annullano i nostri margini. Per il momento resistiamo, ma per quanto?