N°136 Giugno Luglio

50 Food&Beverage | giugno-luglio 2021 Ristorazione alta e bassa per il dopo pandemia INDAGINI Le cifre impietose dell’Osservatorio e di Fipe. Più di sei ristoratori su dieci hanno perso oltre il 50% del fatturato. Delivery e dark kitchen continueranno, ma si lavorerà anche sul numero di scontrini rispetto al valore medio Francesco Torlaschi Più che un resoconto dell’ultimo anno è una sorta di bollettino di guerra impensabile solo un paio di anni fa. Il virus che ha infestato il mondo ha provocato un disastro nella ristorazione italiana dove, secondo l’annuale rapporto Fipe, in 14 mesi sono stati persi 514 mila posti di lavoro, il doppio di quelli creati nel periodo tra il 2013 e il 2019. E le notizie di fine maggio dicono che sono anche difficili da recuperare visto che in molti hanno lasciato il settore per cercare altre occupazioni e non sono disposti a tornare indietro. Più di sei ristoratori su dieci hanno visto calare il fatturato di oltre il 50% e la perdita dei ricavi ha coinvolto il 97,5% delle imprese. Questi non sono i numeri di una crisi ma di uno tsunami contro il quale c’era ben poco o nulla da fare. Il settore ha, per quanto possibile, lottato, combattuto, cercato nuove soluzioni, ma in molti hanno dovuto gettare la spugna. La ristorazione del 2020 abbandona quindi i toni trionfalistici del passato e traccia un bilancio che è l’ammissione di una sconfitta dove il responsabile non è però tra le fila dei ristoratori. Se nel 2010 erano 18 mila le nuove imprese del settore, nel 2020 sono state 9.190 e oltre 22 mila imprese nel 2020 hanno cessato l’attività. Il saldo negativo supera le 13 mila aziende. Nell’ultimo anno il clima di fiducia si è attestato sui 52,3 punti, di 40 inferiore alla media dell’anno precedente. Male anche il valore aggiunto dei servizi di ristorazione stimato nel 2020 in 32,5 miliardi di euro. A partire dal 2015 e fino al 2019 l’aggregato ha seguito un profilo di crescita tornando al di sopra dei livelli pre-crisi del biennio 2014/15. Nel 2020, con il sopraggiungere delle misure restrittive si interrompe bruscamente la crescita e si registra un pesante arretramento che in un solo anno è superiore a 33 punti percentuali. Il settore ha cercato di reagire adottando nuove strategie commerciali. Al primo posto c’è lo sfruttamento dei dehor (38,4%), segue la proposta di menu specifici per l’asporto (35,8%) e l’introduzione del serviziodi delivery (33,2%). Seguono il maggior ricorso al sistema delle prenotazioni o l’incentivazione dei pagamenti digitali. E i ristori? Acqua fresca, visto che sono stati ritenuti poco o per nulla efficaci dall’89,2% degli imprenditori. Inoltre, il 23,7% delle imprese non li ha ricevuti, perché i meccanismi burocratici le hanno tagliate fuori. Le restrizioni hanno impattato come era ovvio anche sulla tipologia di consumazioni. Così, a luglio 2020 la colazione valeva il 28% delle occasioni di consumo complessive, mentre a febbraio dell’anno successivo si è saliti al 33%. Le cene sono invece scese dal 19% a meno dell’11%. Scomparso il lavoro serale dei ristoranti, a febbraio gli introiti si sono concentrati in colazioni, pranzi e pause di metà mattina. Secondo i dati del Rapporto 2021 dell’Osservatorio Ristorazione, spin-off dell’agenzia RistoratoreTop, le chiusure si sono concentrate nelle città dove negli ultimi anni erano state numerose anche le aperture. Roma guida la classifica di chi ha alzato bandiera bianca (-1.518), seguita da Milano (-722) e Torino (-549). Ma la città che ha registrato l’incrementomaggiore di locali scomparsi rispetto all’anno precedente è Firenze, con un +87% sul 2019. Il 2020 è anche l’anno che ha registrato il numero più alto di sempre di attività registrate, 397.700 di cui attive 340.564; il 77% dei locali ha lavorato con le consegne a domicilio, prevalentemente con una propria flotta di rider, e il 27% degli imprenditori del settore ha avviato una dark kitchen, oppure un brand virtuale per far fronte alle chiusure forzate. Per mesi i locali hanno tirato avanti con delivery e take away, con il conseguente proliferare di dark, grey, ghost e cloud kitchen, cucine non aperte al pubblico. Il 10% degli intervistati ha affermato di voler mantenere il delivery o la dark kitchen anche dopo le riaperture a pieno regime. Oltre ad attrezzarsi sul fronte del delivery, l’emergenza sanitaria ha costretto il settore a mettere in moto in tutta fretta un percorso di innovazione tecnologica sia all’interno, sia all’esterno del ristorante. È il caso, ad esempio, delle cotture sous vide e a basse temperature, dell’introduzione di prodotti semi-pronti o semi-lavorati da centri di cottura e laboratori esterni, oppure dei forni elettrici per I dati dell’Osservatorio Ristorazione sono impietosi. La ristorazione ha perso circa il 40% del volume di fatturato registrato nel 2019, anno record per il fuori casa. Il saldo fra imprese nate e morte è stato negativo per 13.485 unità. È il dato più basso degli ultimi dieci anni che avevano offerto solo numeri in crescita

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