N°134 Febbraio Marzo

65 Food&Beverage |febbraio-marzo 2021 La contesa fra vini bianchi e rossi ha visto le due tipologie alternarsi nel corso degli anni. L’ultimo pareggio risale al 2010 e nel 2020 i bianchi hanno preso il sopravvento con il 57,4% della produzione che comprende anche il dato relativo ai rosati e di grande equilibrio”. Per uno dei suoi rossi più interessanti della linea Castel Firmian, indirizzata all’horeca, il Gruppo Mezzacorona ha scelto un nome esplicativo della finezza del vino: Nerofino, che nasce dal matrimonio tra i due più importanti vitigni rossi del Trentino, il teroldego (50%) e il lagrein (50%). Lanciato ufficialmente nel 2016 con l’annata 2013 che si è aggiudicata l’Etichetta d’Oro a Vinitaly 2016 al concorso International Packaging Competition, Nerofino ha origini storiche nella Piana Rotaliana: era il nome con il quale veniva chiamato prima del 1800 un vino a base di Teroldego. L’etichetta rappresenta una vigna allevata a pergola Trentina con radici profonde a testimonianza dello stretto legame storico, culturale e sociale di questi due vitigni autoctoni: Nerofino racchiude la ricchezza aromatica di due nobili e storici vitigni. Costituisce l’unione di due parole, Santi e antico, il nome dell’Amarone della Valpolicella della casa vitivinicola Santi, di Illasi (Vr): “Antico per noi significa soprattutto originario, storico. Questo perché la bottiglia più datata che si può trovare in azienda e non solo, è proprio un Amarone, che all’epoca si chiamava Recioto della Valpolicella ‘Amaro’ -spiega Christian Ridolfi, enologo di Santi- Abbiamo bottiglie ben conservate degli anni ’50, ma esiste addirittura una bottiglia di questo Recioto Amaro della Santi che riporta l’annata 1928. Oggi lo stile dell’etichetta vuole trasmettere questo messaggio: accattivante icona della Valpolicella, l’Amarone Classico Santico rappresenta il rispetto della tradizione, la conoscenza del territorio, la sapienza contadina e l’esperienza enologica, in continua evoluzione dal 1843”. Il nome del vino è rappresentativo della sua produzione nell’Amarone della Valpolicella Mai dire Mai della veronese Pasqua Vigneti e Cantine. “La scelta del nome non è casuale, perché rappresenta una scommessa vinta -spiega Riccardo Pasqua, Amministratore delegato dell’azienda di famiglia- Da una parte, l’acquisto da parte della terza generazione della famiglia del vigneto di Montevegro, da cui arrivano le uve del blend, che sembrava una mission (all’apparenza) impossible; dall’altra, la nascita di un nuovo codice espressivo per un Amarone, più austero e complesso, che per questo vino pareva difficile. Eppure ce l’abbiamo fatta in entrambi i casi, quindi... mai dire mai!”. Il debutto è stato l’annata 2011 (ora è sul mercato la 2013), e la curiosità per questo nome è stata tale che il vino ha incontrato subito l’apprezzamento dei consumatori. Complice, ovviamente, la sua notevole complessità e freschezza grazie anche all’importante acidità, i tannini decisi ma eleganti e un finale affascinante e persistente. SPECIALE

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