N°145 Dicembre

3 Food&Beverage | dicembre 2022 EDITORIALE Barbara Amati amati@foodandbev.it i Stelle, sistema che funziona Valerio Massimo Visintin, il critico mascherato dal volto ignoto, non ci è andato leggero con la Guida Michelin. Nel suo ultimo libro Dietro le stelle. Il lato oscuro della ristorazione italiana non lesina le critiche a quella che comunque potremmo definire l’unica moneta con corso legale nel mondo del fine dining internazionale. Se vuoi farti conoscere, se vuoi avere successo anche con una clientela che va oltre i confini nazionali, la stella è un passaggio fondamentale. Giudizi e metodi di lavoro della Guida Rossa possono essere sicuramente discussi ma, anche se non ci sono dati certi, appare importante dal punto di vista della comunicazione e dell’immagine fregiarsi del titolo come è successo per il protagonista di quest’anno, Antonino Cannavacciuolo, al quale la Michelin ha assegnato tre stelle, portando a 12 i ristoranti italiani che hanno raggiunto l’agognato Olimpo. Punto di arrivo di una carriera sempre in crescendo negli anni anche in termini di popolarità grazie alle presenze televisive, il riconoscimento dato allo chef di Vico Equense, ma che si è fatto conoscere con la sua Villa Crespi a Orta San Giulio, sul Lago d’Orta, valorizza un professionista di 47 anni che ha ancora molto da dare alla ristorazione italiana. Perché, in fondo, la pubblicazione dei risultati della Guida ha detto una cosa importante sull’alta ristorazione italiana al di là del meritato successo di Cannavacciuolo o delle altre stelle ottenute da Enrico Bartolini. Questo che è in fondo un piccolo segmento dei ristoranti italiani è, però, un sistema che è cresciuto negli anni e funziona. I tre stelle sono saliti a 12, ci sono quattro nuovi due stelle per un totale di 38 locali ai quali si aggiungono 33 nuovi ristoranti che hanno conquistato la stella che arrivano così a 335. La crescita significa che negli anni si è attivato un sistema che vede giovani aspiranti chef iniziare a lavorare nelle brigate di nomi famosi. Da lì, tempo qualche anno, qualcuno si stacca e apre il proprio locale. Dall’altra parte, però, c’è anche la crescita degli chef imprenditori che aprono nuovi locali e seguono lo sviluppo delle nuove leve alle quali affidano le cucine. Ci sono i bistrot che hanno il compito di proporre piatti di livello a prezzi più contenuti e permettono margini migliori dell’alta ristorazione, ma anche, come è il caso di Bartolini, locali di alto livello che sono andati a conquistarsi la propria stella con chef guidati dalla mano ferrea del cuoco più stellato d’Italia. Che il sistema funzioni, nonostante i margini risicati del fine dining, è testimoniato anche dal fatto che molti dei protagonisti della cucina italiana sono sopravvissuti alle chiusure della pandemia e al blocco del turismo. E lo hanno fatto grazie a scelte precedenti, senza lauree in Business administration alle spalle, semplicemente in molti casi diversificando le fonti dei ricavi, costruendo un’attività che li vede impegnati in cucina ma non solo. Un sistema di questo tipo appare anche molto meritocratico, anche perché puoi essere amico del critico gastronomico, ma, poi, ogni giorno ti misuri con un pubblico che è cresciuto in competenza e che spendendo certe cifre chiede che certi livelli di qualità siano rispettati. La stella Michelin, sempre che non ti schiacci sotto il suo peso, certifica un livello, dà una ulteriore spinta alla carriera che trova però la sua conferma ogni giorno. La simpatia di Cannavacciuolo è utile, ma conta molto di più la sua verve in cucina e la capacità di mantenere livelli elevati. Intanto, l’alta ristorazione italiana anche quest’anno ha fatto passi avanti. Davanti al mondo. La Guida Michelin non è la Bibbia, ma offre riconoscibilità e certifica la validità di un sistema che attrae nuove risorse e produce nuovi protagonisti. Si chiama meritocrazia

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