N°141 Aprile Maggio

96 Food&Beverage |aprile-maggio 2022 Nel 2019 l’uso di contenitori take-away in Europa è stato di circa 19 miliardi di pezzi per il food e di 33 bilioni per il beverage (dati ZeroWasteEurope). Bottiglie, cannucce, piatti, posate e contenitori costituiti da polimeri chimici derivati dal petrolio, non biodegradabili, rimangono nell’ambiente centinaia di anni degradandosi, ma non distruggendosi, andando a inquinare ovunque, in particolare spiagge e mari. La plastica usa e getta che viene riciclata è esigua -solo il 31% di quella prodotta e il 40% degli imballaggi- e il resto viene bruciato o, peggio, disperso in discariche o nell’ambiente, con una ricaduta pesante in termini di anidride carbonica generata (400milioni di tonnellate di CO2 all’anno) e di perdita economica per l’elevato dispendio di energia. Ecco perché l’Unione Europea con la Direttiva (904/2019) Single-Use-Plastic (Sup), in vigore dal 3 luglio 2021, ne ha vietato la commercializzazione per ridurne progressivamente nei Paesi europei produzione e consumo entro il 2026. Gli unici polimeri esclusi dal divieto dell’Ue sono quelli naturali non modificati chimicamente. Di conseguenza fra i materiali vietati rientrano anche le bioplastiche sia da fonti rinnovabili, sia di origine fossile, che non sono biodegradabili in natura, ma soltanto in impianti di compostaggio in 90 giorni, con temperature elevate e alte concentrazioni di batteri. L’Italia ha recepito la Direttiva Ue in ritardo -con il decreto legislativo 196 dell’8 novembre 2021, in vigore dal 14 gennaio 2022- e pure con alcune difformità che ne ridimensionano l’impianto rigoroso, che nella riduzione/eliminazione assimila senza distinzioni plastiche e bioplastiche. Il decreto italiano, invece, sembra suggerire la sostituzione della plastica con la bioplastica, tanto che la Commissione europea ha contestato il decreto con una comunicazione al ministero dello Sviluppo Economico per sospenderne l’entrata in vigore fino al 23 marzo 2022 e permettere ulteriori aggiustamenti. Aggiustamenti che a oggi non sono stati fatti e ora l’Italia rischia l’infrazione. La Direttiva Sup individua il riuso di contenitori lavabili come alternativa all’usa e getta. Una soluzione poco praticabile, perché è molto difficile attivare filiere di riutilizzo sia per le normative sanitarie in vigore, sia per l’organizzazione del sistema di distribuzione alimentare che, a partire dagli anni 60, si è abituato ai contenitori monouso. La transizione verso il riuso presuppone il ripensamento di tutta la catena del valore e la partecipazione di tutti gli attori di filiera, in primis dei consumatori investiti di un ruolo operativo per la conservazione e la riconsegna del contenitore riutilizzabile. Tuttavia, lascia ben sperare il fatto che questo passaggio rappresenti una grande opportunità economica su cui start-up e multinazionali stanno investendo in tutto il mondo. Una Direttiva dell’Unione europea ne ha vietato la commercializzazione. Dovrebbero sparire entro il 2026. Gli unici polimeri esclusi dal divieto sono quelli naturali Clementina Palese VERITÀNASCOSTE Per le bioplastiche stop all’usa & getta

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