N°140 Febbraio Marzo

76 Food&Beverage |febbraio-marzo 2022 Nella Capitale invasa da sushi bar, ristoranti cino-giapponesi e persino cino-napoletani, il successo di un locale francese fa quasi notizia. Perché, nonostante la vicinanza geografica, il feeling gastronomico tra romani e cugini d’Oltralpe non è mai decollato. Complice una serie di pregiudizi sulla cucina francese, colpevole di abbondare in salse, intingoli ed eccessive burrosità. A sfatare la (radicata) prevenzione ci pensa negli ultimi tempi Le Carré Français, brasserie, ristorante gourmet e gastro-boutique in pieno quartiere Prati, a due passi dalle vie del centro una volta oltrepassato il Tevere. Che, grazie a una offerta di qualità 7 giorni su 7 all day long, sta registrando lusinghieri successi. “Sì, è vero, stiamo svolgendo un ruolo quasi pedagogico -spiega l’imprenditore bretone Jildaz Mahé, ex editore enogastronomico e deus ex machina della nuova formula- Perché, a parte la baguette e altre due o tre specialità, la clientela all’inizio conosceva veramente poco. E, invece, le 18 regioni francesi hanno ognuna un proprio piatto tipico, che noi stiamo contribuendo a far conoscere. Con sorpresa, c’è una grande curiosità: che i nostri camerieri, formati ad hoc, soddisfano di volta in volta”. All’insegna del “non solo burro” ecco quindi, negli spazi un tempo di un antiquario, un locale accogliente (700 metri quadrati), con mattoni a vista, dai mille motivi di frequentazione. Qui, dalle 7 alle 23, come nelle migliori brasserie, è possibile fare colazione, lavorare con il laptop e pranzare, magari sgranocchiando un Croque-monsieur, il celebre toast grigliato con prosciutto, formaggio e besciamella. Oppure leggere, sorseggiare un infuso (“la sala da tè funziona tantissimo”, sottolinea Mahé) e intrattenersi in un romantico tete-à-tete serale. E poi fare acquisti gourmand, visto che Le Carré è anche boulangerie (panetteria, con oltre 1.400 pani sfornati al giorno), fromagerie (formaggeria), épicerie (drogheria), e cave à vin (enoteca), con le tante bottiglie esposte sugli scaffali. Per con parlare della viennoiserie a vista, la vetrina dei prodotti lievitati, con cornetti realizzati, al ritmo di 600 al giorno, artigianalmente con burro fresco della Provenza. Perché qui la parola d’ordine è preparare tutto “in casa”. Ma quali sono i piatti più graditi all’educanda clientela romana? “Non ce l’aspettavamo, ma le crêpe bretoni di grano saraceno, preparate al tavolo, sono il numero uno -spiega ancora Mahé- Sono un po’ le pizze della Bretagna. Le serviamo con prosciutto cotto, Emmenthal e uovo, con salmone e crème fraîche, ma anche in versione vegetariana. Richiestissimi anche la guancia di manzo brasata al Borgogna, la zuppa di cipolla (anche in estate) e il fois gras di nostra produzione”. Che occhieggia peraltro anche da una versione franco-romana di particolari supplì. Ma non basta. Perché i fornelli oltreconfine brillano anche in alta quota, con piatti della tradizione da gustare in compagnia. Da qui la decisione di inaugurare lo scorso dicembre, quasi non bastasse la multiformità dell’offerta, uno spazio “montano” al primo livello del locale, ispirato ai salotti delle baite d’Oltralpe: dove scoprire, tra boiserie avvolgenti, poltroncine in velluto e un camino (digitale) sempre acceso, i menu tipici delle località di montagna francesi. Battezzato, ca va sans dire, lo Chalet. Da provare quindi la Raclette, con l’omonimo formaggio fuso a tavola su appositi fornelletti, da spalmare su patatine lesse, servito con cetriolini e salumi dei Pirenei. Insieme alla Tartiflette, antipasto simbolo della cultura alpina francese, fonduta in terrina di formaggio Reb l ochon , Rossella Cerulli CUCINE Le Carré Français porta la Francia a Roma Fra incomprensioni e pregiudizi il feeling gastronomico con la Capitale non era mai nato. Ma il nuovo locale di Jildaz Mahé sparge semi di educazione culinaria Jildaz Mahé, imprenditore bretone e proprietario del locale romano con la figlia Morgane, direttrice del ristorante. L’ex editore gastronomico ha deciso di fare conoscere la cultura gastronomica transalpina ai romani. In alto, la Tartiflette, e, a destra, uno dei piatti maggiormente apprezzati: l’Oeuf parfait

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