N°140 Febbraio Marzo

3 Food&Beverage |febbraio-marzo 2022 EDITORIALE Barbara Amati amati@foodandbev.it i C’è qualcosa di nuovo nell’aria Milano non è l’Italia, e ne siamo consapevoli. Però se volete andare a cena nei ristoranti più di tendenza, o comunque in quelli che hanno una clientela consolidata, se non avete prenotato non riuscite a sedervi a un tavolo. Davanti ad alcuni, poi, in zona semicentrale, le auto posteggiate in seconda fila consentono una viabilità al centimetro. E, nel week end, davanti a certi locali-bar-pasticcerie-gelaterie, c’è la coda per entrare e godersi una colazione golosa come si deve. Non saranno tempi forse troppo allegri -a voler essere pessimisti il materiale non manca, tra bollette impossibili, turisti che al momento non arrivano, smart working ancora molto diffuso e personale difficile da trovare- ma sembra che le persone facciano tutte tappa al ristorante e nei locali per il breakfast e l’aperitivo. E non solo i giovani, ma famiglie con bambini al seguito. Non si cucina più a casa, si preferisce uscire, per una maggiore spensieratezza e libertà. E, poi, spadroneggia il delivery, è tutto un incrociare biciclette e motorini con il loro bel carico di cibi pronti. Questo nuovo modello di business è una delle eredità non negative della pandemia: la nascita delle dark kitchen è un esempio di diversificazione impensabile fino a un paio d’anni fa. La diminuzione dei contagi porta con sé una leggera euforia che inizia ad avvertirsi tutt’intorno: si respira un’aria nuova. E anche le fiere stanno per riaprire i battenti e accogliere espositori e operatori, pure dall’estero, con le dovute cautele e, soprattutto, con regole chiare riguardo green pass e quarantene. Diverse rassegne hanno spostato le date a primavera avanzata, ma con il venir meno delle restrizioni sanitarie si svolgeranno Tirreno Ct, Sigep, Sana Slow Wine Fair, Vinitaly (il Vinitaly Special Edition di ottobre ha riscosso un ottimo successo) e si vedrà poi con quali risultati, ma crediamo che sia tempo di ripartire. Un bel fermento si vede anche dall’andamento degli investimenti delle aziende in pubblicità, in particolare quelle alimentari, che hanno invaso gli spazi televisivi, e anche il mondo del vino si sta muovendo e sta investendo, escono le nuove annate e le nuove etichette e si vuole dar loro visibilità. Nuovi prodotti entrano a fare parte dell’offerta dei distributori e diventano attrazione anche per i locali. D’altra parte, alle redazioni non arrivano altro che comunicati di bilanci in crescita e di fatturati da record: segno che si è lavorato e si è guadagnato; certamente non tutti, ma molti nel settore food and beverage. E le aziende italiane, oltre a fare gola ai giganti internazionali, stanno esse stesse acquisendo imprese all’estero. C’è un bel movimento anche tra le catene, come Cirfood e La Piadineria, e in brand come Old Wild West e Temakinho, o Roadhouse, che ha recentemente inaugurato il 200° locale: fra Italia ed estero in molti hanno in programma di ampliarsi con diverse strutture. L’estero è anche terreno di conquista per altri nomi come Poke House, catena italiana che ipotizza una settantina di aperture. I progetti riguardano anche l’alta ristorazione: a Tokyo è stata inaugurata la terza Gucci Osteria da Massimo Bottura e la famiglia Cerea ha aperto New Wave by Da Vittorio, Art Museum Restaurant a Shanghai, mentre Niko Romito ha avviato Il Ristorante al nuovissimo Bulgari Hotel Paris, nella capitale francese. Certo, sono i grandi, i grandissimi, i tristellati: ma sono coloro che fanno da traino alla nostra cucina e al meglio del made in Italy. Con il declinare della pandemia si avverte un certo fermento, anche se, sicuramente, i problemi non mancano. Ma se volete andare fuori a cena magari prenotate per tempo…

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