N°140 Febbraio Marzo

29 Food&Beverage |febbraio-marzo 2022 Nella Moretta la storia dei pescatori di Fano La Moretta potrebbe essere raccontata come un semplice caffè corretto. Ma sarebbe una definizione sbagliata e poco generosa per una bevanda che ha dentro di sé tradizione, lavoro e tanto profumo di mare. Proprio per questo dal 2011 è Prodotto agroalimentare tradizionale marchigiano Rossella Cerulli BEVANDE Non di solo di Carnevale, e nemmeno di brodetto, vive Fano. No, la deliziosa cittadina marchigiana, una manciata di chilometri da Pesaro, vanta un altro testimonial illustre, le cui origini si perdono nelle brume taglienti dell’Adriatico. Lei, la moretta, aromatica bevanda al caffè, nasce infatti quasi certamente negli ambienti del porto, quando Fano, a fine ’800, diventa una delle più fiorenti marinerie della costa. E i pescatori nelle mattinate gelide avevano bisogno di riscaldarsi. “Gli ingredienti sono quelli che si trovavano sulle barche -racconta Stefania Palazzini, contitolare dello storico Caffè del Porto-Oltre al caffè, c’era sempre il limone, diffuso per combattere lo scorbuto, e una serie di liquori come brandy, anice e rum. I pescatori per tenersi svegli e scaldarsi bevevano grandi bicchieri di caffè, aggiungendo anche qualche liquore. Ma quando stavano per mare più giorni i prodotti finivano e dovevano a usare i residui di ciò che era rimasto a bordo. Da qui il mix base da cui è nata la Moretta”. Un semplice caffè corretto, per giunta con scorza di limone? No, perché dentro questa bevanda modesta c’è tradizione, lavoro e profumo di mare, quintessenza di una fanesitudine irripetibile altrove: non a caso dal 2011 è Prodotto agroalimentare tradizionale marchigiano. “Ben prima del ’45 qui c’era un ritrovo di lupi di mare, dove questo caffè si è sempre servito. Certo, era molto diverso da adesso -spiega ancora Palazzini- Un tempo gli ingredienti infatti erano mescolati insieme. Dagli anni ’50, grazie alla macchina del caffè espresso, è possibile formare gli strati”. E, infatti, la Moretta, bellissima nel suo bicchierino da osteria (altro dato fortemente indiziario sulla sua origine) si distribuisce in livelli tripartiti: dove la miscela alcolica zuccherina, a base per l’appunto di brandy, anice, rum e limone, riscaldata in precedenza, rimane chiara e ben consistente sul fondo, mentre il caffè espresso, denso e concentrato, non miscelandosi con l’alcool vi si deposita sopra. A coronare il tutto il terzo strato della crema, altro moderno dono della macchina da bar. Il risultato? “Una bevanda corroborante, che lascia un buon sapore dolce in bocca, molto più del caffè -chiarisce ancora Palazzini- Il segreto per farne una perfetta? Le giuste proporzioni. Ma ognuno ha il suo”. E il nome Moretta? Quasi di sicuro dall’etichetta delle bottiglie di rum, dove campeggiava una ragazza creola. “Metce un po’ de cla Mureta”, mettici un po’ di quella Moretta, dicevano gli avventori all’oste. Quintessenza della fanesitudine, nasce per riscaldarsi nelle mattine gelide e diventa poi un’alternativa al classico caffè. Tre strati tutti da scoprire

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