N°136 Giugno Luglio

63 Food&Beverage | giugno-luglio 2021 SPECIALE Chi l’avrebbe mai detto che anche in Italia il “negletto” vino del “terzo colore”, il rosa declinato in diverse tonalità, sarebbe diventato di tendenza? In ritardo sul trend a livello mondiale previsto molti anni fa dall’International Wine & Spirit Reasearch (Iwsr) in una ricerca per Vinexpo, i produttori italiani -da Nord a Sud- si danno un gran da fare in questa direzione. Spuntano nuove etichette, vengono interpretati in rosa vitigni tradizionalmente destinati solo ai rossi, impazzano le bollicine “colorate”. Tuttavia la crescita di produzione e consumi va sempre riportata ai volumi guardando oltre le percentuali. La tipologia rosa si attesta su consumi sotto il 10% del totale e quindi anche i più recenti dati dell’Iwsr, che indicano un incremento del 118% tra il 2015-2020, vanno letti correttamente. Il “risveglio” dei rosati italiani si conferma tardivo, visto che lo stesso Iwsr prevede una stabilizzazione della domanda della tipologia già per quest’anno a indicare un mercato che va verso la maturità. Siamo lontani dalla Francia, primo Paese produttore al mondo (28%), ma anche da Stati Uniti e Spagna. Così pure nei consumi, perché i francesi bevono il 34% del totale mondiale di rosati. Il fenomeno dei rosé in Francia è cresciuto in modo esponenziale nell’ultimo decennio espandendosi a diverse regioni oltre alla più blasonata Provenza che primeggia per i vini a Denominazione con 134 milioni di bottiglie vendute nel 2020 -di cui oltre il 57% esportate- che rappresentano il 38% dei rosati Aoc francesi e il 4,2% della produzione mondiale per un valore del 12,6% degli scambi commerciali. Forte di condizioni pedoclimatiche ideali per i rosé, la Provenza ha saputo mettere a punto una identità precisa dei propri vini: colore chiaro, corredo aromatico esplosivo e piacevolezza immediata di beva. Vini seducenti e in linea con l’evoluzione del gusto e degli stili di vita dei consumatori che rispetto al passato prediligono pasti più leggeri e cercano sempre più occasioni di convivialità, ancor più adesso in quello che speriamo essere davvero il post-pandemia e non una semplice “tregua”. Questo il quadro in cui i numeri dei vini italiani della “famiglia rosa” crescono. E come si addice, nel bene e nel male, al “genio” italiano il loro aumento è disordinato e fantasioso. La produzione si attesta su poco più di 120 milioni di bottiglie (dati dell’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini), pari a circa il 7% del totale nazionale dei vini a Denominazione di origine e Indicazione geografica. Il 50% di queste è di spumanti e frizzanti di cui il 60% a Indicazione geografica. Un dato, quest’ultimo, che racconta come lo slancio della tipologia sia molto legato al mercato e si giovi di disciplinari che lasciano più margini all’inventiva e alla reattività alla domanda. La classifica delle zone di produzione vede in testa il Nordest, con Veneto ed Emilia Romagna con il 56% degli imbottigliamenti seguite da Puglia, Lombardia e Abruzzo. I numeri maggiori li vantano, nell’ordine, il Lambrusco Emilia frizzante, seguito da Prosecco rosé, Bardolino Chiaretto e Cerasuolo d’Abruzzo. La situazione è piuttosto variegata, ma in alcune aree la produzione si concentra: nel caso dei vini fermi sul Garda, sulle due sponde veneta e lombarda, in Abruzzo e nel Sud della Puglia; per le bollicine in Emilia per i Lambruschi e nel Nordest per il Prosecco rosé appena “nato” in affiancamento alle produzioni Igt frizzanti preesistenti. Questi i poli produttivi, mentre tutto il resto è costituito da “rivoli” di vini rosa, previsti dai disciplinari, in risposta alla necessità di allargare l’offerta poiché il mercato lo richiede. La fotografia dunque ritrae una sorta di divaricazione tra le aree in cui il rosato fa parte storicamente della tradizione territoriale ed enologica e quelle in cui a guidarne la produzione è il mercato. A unire in un’unica compagine i vini rosa Doc storici da varietà autoctone è Rosautoctono, Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, fondato nel 2019, che riunisce sei Consorzi: Chiaretto di Bardolino, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte e Bombino Nero, Salice Salentino, Cirò. “Rosautoctono è nato come Consorzio di secondo livello per fare sistema nel mondo del vino rosa itaL’onda rosa continua e si somma all’effetto propellente delle bollicine. L’Italia arriva in ritardo anche se in ordine sparso e fantasioso. A testimoniare la crescita della cultura del bere rosa la tendenza a immettere sul mercato vini affinati per qualche anno Clementina Palese In Italia la produzione del vino rosato è di circa 120 milioni di bottiglie che valgono il 7% del totale nazionale dei vini a Denominazione di origine e a Indicazione geografica. Il 50% di queste è di spumanti e frizzanti di cui il 60% a Indicazione geografica. Sono prodotti soprattutto nel Nord-Est con Veneto ed Emilia-Romagna che valgono il 56% degli imbottigliamenti  Da negletto a fashion il riscatto del rosato

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