N°134 Febbraio Marzo

60 Food&Beverage |febbraio-marzo 2021 SPECIALE  I consumatori si indirizzeranno verso vini di prossimità, prodotti nei luoghi di consumo che abbiano un legame con il territorio, una storia da raccontare. Infatti, non andranno in cerca di particolari tecnicismi, ma di racconti. Ci sarà da lavorare di marketing, senza però esagerare. Nella foto, i vigneti di Castel Firmian, ai piedi delle Dolomiti, in Trentino dettagliata rispetto, ad esempio, a quella utile per descrivere soltanto unaDenominazione o un’azienda. Suggestioni espresse, molto spesso, dal nome del vino con riferimenti a edifici significativi -chiese, borghi, castelli- che insistono sui terreni aziendali e ne raccontano la storia, patrimonio che caratterizza i territori vitivinicoli del VecchioMondo. Odai nomi dei vigneti, specifici cru che regalano selezioni aziendali di pregio. Ne è un esempio Banfi, il cui Brunello di Montalcino non poteva che chiamarsi Poggio alle Mura: le uve, infatti, provengono dai vigneti che circondano l’antico maniero, appunto Poggio alle Mura, riprodotto in etichetta con un tratto stilizzato con il borgo adiacente, le sue vigne e i cipressi tipici del paesaggio toscano. Costruito su resti di epoca etrusca e romana, il castello si sviluppa tra il IX e il XIII secolo, ma, dopo diverse vicissitudini, nel 1983, in pessime condizioni per i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale, viene acquisito da Banfi che lo eleva a simbolo culturale e iconografico dell’azienda”, spiega Cristina Mariani May, presidente di Banfi. Da sempre la proprietà ha indirizzato i suoi sforzi e il suo impegno alla valorizzazione del suo vitigno principe con ricerche sulla zonazione della tenuta e sulla selezione clonale del sangiovese arrivando a proporre Brunello di stili diversi. Anche la linea I Cru di Bertani, nata con la vendemmia 2018 nella Tenuta Novare, nella Valpolicella Classica, riporta in etichetta un’icona del luogo in cui nascono le uve che concorrono alla produzione del Valpolicella Classico Superiore Ognisanti e del Valpolicella Classico Le Miniere: Ognisanti prende il nome dalla Chiesetta Ognisanti del XIV secolo, oggi ristrutturata, che si trova al centro della proprietà ed è riprodotta in etichetta, mentre Le Miniere, di cui rimangono i resti nella tenuta, riproduce i terreni CASTEL FIRMIAN Nerofino, la finezza di Teroldego e Lagrein Nerofino ha un nome che vanta origini storiche nella Piana Rotaliana: era nominato così un vino che prima del 1800 era a base di uve teroldego, a sottolinearne la finezza non evidentemente così scontata in un prodotto di quei tempi che già si distingueva. Il Nerofino Vigneti delle Dolomiti Igt annata 2017 di Castel Firmian nasce dal matrimonio fra teroldego (50%) e lagrein (50%) uniti dall’allevamento a pergola, nella sua forma semplice per il lagrein e doppia per il teroldego, che favorisce un’ottima maturazione senza rischio di scottature degli acini. Le uve teroldego sono vinificate secondo la classica tecnica della vinificazione in rosso, alla temperatura di 26°C per 12-13 giorni con aggiunta di lieviti selezionati. Le uve lagrein, invece, vengono fermentate a 24°C per otto giorni con aggiunta di lieviti selezionati. Poi metà aliquota dei due vini matura per sei mesi in barrique di rovere francese con stagionatura di tre anni e tostatura leggera. Sono necessari altri 12 mesi di affinamento fra acciaio e bottiglia per ottenere un vino di forte personalità e di grande finezza che racchiude la ricchezza aromatica di due nobili e storici vitigni del territorio dolomitico. Da un lato, il Teroldego con la sua imponente fruttuosità composta da ribes, mora e mirtillo e la sua forte struttura, dall’altro, il Lagrein, che apporta succosità e morbidezza, oltre a completare il profilo aromatico con note di cacao e confettura di frutti rossi.

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