N°132 Novembre

71 Food&Beverage | novembre 2020 subito ridefinito “ecomostro”, mentre altri, invece, un’infiorescenza architettonica, quasi in bilico sul ciglione roccioso al pari di una coraggiosa pianticella d’alta quota. All’interno, oltre a spazi espositivi, sala conferenze e self service-caffetteria, un ristorante gastronomico interamente votato alla cucina di territorio, accompagnata da una carta dei vini che privilegia, ça va sans dire , i Merlot del Ticino. Il plus? L’affaccio senza confini su un panorama mozzafiato, che con un solo sguardo spazia dalle Alpi fino alla Pianura Padana. Se nel curriculum di personalità quali Botta, Gehry e Hadid l’ideazione di ristoranti è stata esperienza occasionale, per qualcun altro è stata, invece, uno dei fulcri del proprio pensiero progettuale. Un nome? Philippe Starck. “Creo ristoranti, bar, luoghi pieni di vita per innescare esperienze sensoriali che risveglino il corpo, la vista, l’udito, lo spirito. Ogni mio spazio è un’esperienza completa”, dichiara. E ogni progetto ha un’identità inconfondibile. Già dai primi lavori. Come Teatriza Madrid (1990), trasformazione di un vecchio teatro, di cui il designer e trendsetter francese ha conservato vocazione e suggestione giocando sul colpo di scena, dagli arredi fuori scala all’enorme sipario nero che separa la sala, nell’originaria platea, dal lounge bar, allestito sul In alto, a sinistra, il Toro Gastrobar a Los Cabos, in Messico, firmato dal brasiliano Arthur Casas. Accanto, Le Frank della Fondazione Louis Vuitton nella cornice del Bois de Boulogne, a Parigi, creato dal canadese Frank O. Gehry, così come Stir all’interno del Philadelphia Museum of Art, sotto. Qui sopra e a sinistra, Fiore di pietra, a 1.704 metri sul Monte Generoso, sopra Lugano, dell’architetto svizzero Mario Botta

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