N°131 Settembre Ottobre

84 Food&Beverage | settembre-ottobre 2020 Simbolo di fecondità, sono sempre stati circondati da sospetto e leggende. Il coniglio, più di ogni altro animale, trasferisce nelle carni il sapore di ciò che mangia. Meglio scegliere il biologico. Le proposte di due friulani, Alessio Davidé e Avgustin Devetak Elena Bianco Coniglio e lepre una sfida per gli chef SFIZIOFOOD Il nome Spagna ( Hispaniain lingua fenicia) significherebbe terra dei conigli? Sembra proprio di sì. Vero è che quando i Fenici del Mediterraneo orientale arrivarono nella penisola iberica, circa 3000 anni fa, furono meravigliati dalla grande quantità di conigli selvatici che abitavano quelle coste provenienti, si pensa, dall’Africa. E li rimasero, tant’è che intorno al 200 a.C., quando la Spagna finì sotto l’Impero Romano, alcune monete coniate in quel periodo raffigurano un coniglio come simbolo del Paese. Anche Plinio narra che le Baleari e Basiluzzo nelle Lipari furono ridotte alla fame per un’improvvisa proliferazione di conigli che devastava le coltivazioni, tanto che si dovette ricorrere all’esercito per eliminarli. Varrone racconta addirittura che a Tarragona un esercito di conigli aveva scavato le tane sotto le case della città causando il crollo delle abitazioni. Non andava meglio in epoca rinascimentale: scrive Dumas che erano così numerosi nelle province meridionali della Francia che un gentiluomo provenzale ne riportò seicento dopo una sola battuta di caccia. Dunque, il coniglio, mammifero cunicolo appartenente alla famiglia Leporidae e al genereOryctolagus (europeo) oSylvilagus (americano), iniziò a essere allevato, per evidenti motivi, solo dal V secolo. Da sempre è considerato emblema di fecondità, dato che dieci femmine possono arrivare a dare alla luce in un anno fino a novecento esemplari. Un discorso a parte va fatto invece per le “cugine” lepri. L’ Antico Testamento , infatti, stigmatizza la lepre come animale impuro e ne proibisce il consumo. Anche se il Nuovo Testamento non reitera il divieto, i teologi guardarono con sospetto questo animale che aveva fama di lussurioso per via della sua stagione degli amori, lunga settemesi, e per il fatto che non se ne distingueva facilmente il sesso. Più conciliante la Grecia classica, se il filosofo greco Archelao di Milete dichiarava: “Chi si nutre di lepre per sette giorni consecutivi diventa molto bello” . Il poeta latino Marziale riporta però che una donna brutta, avendo sperimentato tale rimedio, non ne aveva tratto beneficio alcuno. Secondo Plinio il Vecchio, invece, qualsiasi donna sterile diventerebbe feconda mangiando carne di lepre. Ma non sono le uniche fantasticherie circolanti sulla carne di lepre. Ad esempio, si diceva che sia i maschi sia le femmine s’ingravidavano, come se fossero “hermaphroditi”. Secondo una superstizione popolare, poi, le donne che volevano concepire un figlio maschio dovevano mangiare utero e testicoli di lepre. Per i medici medievali, la lepre aveva l’uso di dormire con gli occhi aperti, quindi mangiarla avrebbe provocato l’insonnia. Continuando con deliranti trovate, a fine ’500 un autore anonimo annota che l’animale, ben cotto e bene arrostito, garantisce oltre al sapore gustoso “il flusso del ventre e della dissenteria… che le sue cervella lesse giovano alle gengive e che il suo fiele misto a zucchero permette di guarire gli occhi…” . Meno curativa e più succulenta la lepre della tavola del Duca di Urbino, ai tempi di Raffaello, che prevede di marinare l’animale nel vino e farcirlo con un battuto di pancetta, prosciutto, salame e il suo stesso fegato spadellati e profumati con abbondante finocchio selvatico e aglio. Dello stesso periodo la ricetta del coniglio che tanto piaceva in casa Colombo (Cristoforo), imparata dal suocero portoghese; il coniglio fatto a pezzi veniva stufato nella cipolla appassita nel burro e sfumata con aceto, aromatizzando il tutto con zafferano, cumino, pepe, zenzero. Ai giorni nostri, caratterizzati da una doverosa attenzione alla salubrità di ciò che si mangia, il coniglio è una fonte di carne bianca, magra, molto ricca di proteine Estremamente feconde, le femmine di coniglio possono partorire fino a 90 cuccioli in un anno. Una dote che in passato ha creato anche qualche problema visto che Plinio racconta come le Baleari furono ridotte alla fame da una proliferazione di conigli che distruggevano le coltivazioni. D’altronde la stagione degli amori può durare sette mesi ©Foto 123rf

RkJQdWJsaXNoZXIy NTUwOQ==