Chef e spot. Ma la cucina ne risente?

Ora è la volta di Davide Oldani. La lista degli chef protagonisti, anzi testimonial, di spot pubblicitari è sempre più lunga. Un ulteriore segnale della popolarità di questa figura che cucina per quei relativamente pochi che possono permettersi certi prezzi, ma piace sempre di più a molti. Oldani è il protagonista del nuovo spot di Tim Impresa Semplice e diventa così il simbolo del piccolo imprenditore che cerca di dare impulso alla sua azienda sfruttando le nuove tecnologie.

Prima di lui ci sono stati Gualtiero Marchesi, Cracco, Bottura, Barbieri e Cannavacciuolo che, proprio come ha spiegato lo chef di Villa Crespi a Food&beverage vanno in cerca di sponsor perché la popolarità regalata da Masterchef serve anche per monetizzare via pubblicità. Nulla di male se non che qualchuno ha storto il naso di fronte alle patatine di Cracco che passa dalla vasca da bagno di Scavolini a tuta e scarpe di Diadora.

Forse è un po’ troppo, ma d’altronde bisogna cogliere l’attimo e nessuno ha mai osservato che anche qualche calciatore l’abbiamo visto in troppi spot e che quindi la sua figura di sportivo ne ha risentito. Matteo Scibilia, chef dell’Osteria della Buona Condotta di Ornago e nel 2009 consigliere del ministro dei Beni culturali per la tutela della cucina italiana su lettera43.it ha osservato che “C’è grande crisi nel settore perché l’alta cucina ha costi elevati: più sono le stelle più il locale costa. E l’unica soluzione, spesso, è darsi alle réclame”.

Sembra indulgente, ma in realtà a lui questo dilagare di chef negli spot non piace. “È vero che la ristorazione di alto livello sta languendo, ma così stanno depauperando la figura del cuoco”. Il suo ragionamento è semplice. Se un locale a una stella costa fra 100 e 120 euro, 150-180 per due stelle e 300 circa per le tre è ovvio che in momenti come questi in molti non abbiano la fila davanti all’entrata del locale. Per questo la pubblicità aiuta, ma “Quasi nessuno indossa più il camice professionale né la toque blanche, si trasfigurano in personaggi che non sono riconosciuti più per il loro ruolo, ma per il loro volto”. Da parte sua Scibilia ha scelto un ruolo di secondo piano visto che è consulente della star per la quale studia nuove ricette.Schermata 2016-02-01 alle 11.00.11
Scibilia dunque non nega che uno chef abbia bisogno anche di altro oltre al suo core business solo che non è questa la strada per valorizzarsi. Per lui il clamore sul mondo della cucina non sta portando alcun beneficio per il settore.
I ristoranti di livello (ma non solo) hanno spesso le sale vuote, prova ne è il fatto che i locali sono sempre più frequentati da stranieri.
“La verità rimane una: con le dovute eccezioni”, conclude, “i cuochi che vanno in tivù lo fanno perché la clientela scarseggia”.

Sarà, ma il 29 gennaio il Corriere ha pubblicato un articolo sulle liste di prenotazione dei ristoranti. Da Oldani ci vogliono almeno tre mesi di attesa, due settimane per Andrea Berton, pochi giorni per Sadler, dieci giorni dal Pescatore, Marchesino in settimana, due settimane per Piazza Duomo di Alba, in setiimana per Davide Scabin, cinque-sei mesi per Villa Crespi di Cannavacciulo, una decina di giorni alle Calandre ma era l’ultimo tavolo se no si passava al 20 febbraio, dieci giorni per Casa Perbellini, dieci giorni per l’Orsone di Bastianich, dieci giorni per l’Enoteca Pinchiorri, tre mesi per l’Osteria Francescana di Bottura, Al Sorriso in settimana, Casa Vissani 18 giorni, poco più di un mese da Cracco, pochi giorni il Tino al Lido di Ostia, La Pergola 38 giorni, pochi giorni il Pagliaccio, Al Fornello da Ricci in settimana, Torre del Saracino tre giorni, Da Vittorio tre giorni.

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